“Il Rizoma” di Marco Salvoldi

 

“Il RIZOMA” Quando la botanica incontra la filosofia

di Marco Salvoldi

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Parola strana, non certamente spendibile ad un appuntamento galante, nemmeno troppo gradevole all'orecchio, assonante con “perizoma”, parola più famigliare ma nemmeno lontana parente della “bella” sconosciuta... o forse si? Non si sa mai... visto lo strano modo che le parole, e i loro significati, hanno di nascere, separarsi, incontrarsi, intrecciarsi...: un vero e proprio rizoma.

Ma andiamo al sodo.

La prima volta che ho incontrato questo termine è stata quando ho incrociato il pensiero dei filosofi  Gilles Deleuze e  Félix Guattari.

Calma, non irrigiditevi!

“Rizoma” è un termine che Gilles e Félix hanno preso in prestito dal mondo della botanica, laonde per cui, fossi stato un giardiniere, l'avrei incontrato molto prima di affrontare letture impegnate e a volte “noiosette”.

È utile a questo punto scoprirne il  significato originario, così da  prendere atto che i grandi pensatori, quelli veri, hanno la testa  “ben radicata nella terra...”

“Rizoma” è composta dal greco “riz” (radice) e dal suffisso “oma” (rigonfiamento).

È il fusto di alcune piante (per esempio felci, zenzero, asparago, mughetto, gramigna) che appena sotto terra si modifica a forma di grossa radice, così da adattarsi a condizioni ambientali particolari che richiedono, da parte della pianta, una certa capacità  di riserva di sostanze vitali.

Là sotto il “rizoma”, provvisto di foglie, gemme e radici avventizie (radici che si formano da parti della pianta diverse dalla radice), assicura la sopravvivenza quando là fuori le  cose non vanno come dovrebbero. È quel “caotico” andirivieni di nodi interconnessi, di  intrecciarsi, passarsi sopra, passarsi sotto, contorcersi e piegarsi, che certe piante, prive di un fusto, svolgono senza sosta là sotto, per poi, ogni tanto, sbucare alla luce del sole, palesandosi ai nostri occhi con le abituali sembianze di un nuovo individuo (ogni nodo ha funzione germinale).

Tutto questo meraviglioso “caos ordinato” mi ricorda un altro interessante fenomeno che si verifica, esso pure, nel mondo vegetale: la “anastomosi”.

Questa strana parola descrive l'incontro e la fusione di radici di piante differenti, appartenenti alla stessa specie. È il fenomeno che, ad esempio,  fa si che gli individui di un faggeto, attraverso le loro radici, si uniscano tra loro venendo a costituire una comunità fortemente interconnessa, capace di portare acqua a chi si trovasse distante dalla  sorgente, e sole, i suoi benefici, a chi si dovesse trovare in zone d'ombra. Se la pianta non va all'acqua o al sole, le sorelle le portano acqua e sole.

Con questa lunga premessa diviene più semplice ora gettare uno sguardo sul modo in cui Deleuze e Guattari hanno adottato questa parola. Gille e Felix hanno voluto, con questo termine, descrivere il loro modo di filosofare. Esso non è paragonabile ad un albero con la sua bella gerarchia apparente ( al centro il tronco, giù e su un ordine che si diparte da questo centro) ma  ad un “rizoma”. Esso “ non è un sistema centrico (o policentrico) fatto di comunicazione gerarchica e collegamenti prestabiliti ma un sistema a-centrico, non gerarchico e non significante...” (da “Mille piani” di Gilles Deleuze e Félix Guattari, 1980).

Ma non è qui il luogo e il tempo di approfondire la loro filosofia, addentrandoci in quel rizoma in cui loro stessi, mi piace pensare, hanno voluto perdersi.

Ciò che qui mi preme è  rivolgere lo sguardo alla  realtà  stessa che il pensiero dei due filosofi ha voluto significare, uno sguardo rivolto alla luna più che al dito che l'ha indicata.

Ecco allora la sensazione di vertiginosa e terribile bellezza che esplode  in noi quando ci si scopre e ci si percepisce parte di un cosmo/rizoma, parte di una realtà “rizomatica”.

Là dove finisce il “maschile” inizia il “femminile”, ma forse non proprio lì, un po' più in là, e forse ancora più in là... Ed anche “capovolgendo il foglio” di questo schema  il tutto risulterebbe altrettanto leggibile e significante, senza dover torcere la testa: esattamente il contrario di prima ma come prima altrettanto legittimo.

E così potrebbe essere dei tanti “opposti” a cui noi umani siamo tanto affezionati per la loro chiarezza e distinzione, e per  il mondo monolitico e rassicurante in cui ci chiudono: verità/falsità, giustizia/ingiustizia, vita/morte, bellezza/bruttezza, bontà/cattiveria, bene/male...ben separati e non comunicanti tra loro.

Vivere percependo se stessi  e il cosmo come un complesso sistema interconnesso non è certo cosa semplice  ma, comunque sia, è un'esperienza straordinariamente densa di senso e bellezza. È un accettare l'invito alla danza del cosmo su armonie magnifiche anche quando, a primo orecchio, non sembrerebbero tali.

Concludo con una filastrocca, di Gianni Rodari, che con semplicità, grazia e sorriso, esprime quanto ho cercato di trasmettere sino ad ora. 

 

“IL DITTATORE ”

Un punto piccoletto

superbioso e iracondo,

“Dopo di me-gridava-

verrà la fine del mondo!”

Le parole protestarono:

“Ma che grilli ha pel capo?

Si crede un Punto-e-basta,

e non è che un Punto-e-a-capo”. 

Tutto solo a mezza pagina

lo piantarono in asso,

e il mondo continuò

una riga più in basso.

 

Riferimenti bibliografici:

G Deleuze, F Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Nocera Inferiore (SA), edizioni Orthotes, 2017.

G. Rodari, Filastrocche in cielo e in terrra, Torino, edizioni Einaudi Ragazzi, 2011.